Il cammino di Pietro

2013-02-06 L’Osservatore Romano

Print Mail Pdf

7H7B5633

Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, inaugura mercoledì 6 a Castel Sant’Angelo la mostra intitolata: «Il Cammino di Pietro», organizzata  nell’Anno della Fede, nella memoria del Concilio Vaticano II, che si apriva 50 anni fa, e a vent’anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

«Quando si tratta di comunicare le verità più elevate, si deve lasciare il segno, con il migliore repertorio di mezzi, materie, gesti e parole a nostra disposizione. La Chiesa da sempre incoraggia l’amore per l’arte», sottolinea il porporato indicando alcune chiavi di lettura dell’esposizione e ribadendo che «l’avventura umana e spirituale di Simon Pietro ci ricorda che la fede non è il risultato di un nostro procedimento razionale, e non è neppure una qualunque eredità che ci è stata trasmessa, seppur guadagnata col sangue. La fede è un dono di Dio che, se pienamente vissuta, non lascia l’uomo nella condizione infelice della mediocrità».

Se è vero che la storia dell’apostolo Pietro ricorda a tutti noi come sia necessaria l’audacia della fede e della speranza, non si può dimenticare, ha aggiunto il segretario di Stato, che «la fede cristiana non è un freddo e arrogante possesso di verità da impugnare, ma è l’essere conquistati dalla rivelazione che Dio è l’amore su cui possiamo contare, nonostante tutti i motivi di fatica, di affanno e di preoccupazione che potrebbero talvolta prenderci alla gola».

Concludendo il suo intervento all’inaugurazione della mostra il cardinale si è rivolto ai non credenti, certo che «nella quotidiana fatica per l’edificazione di una società sana, il cristianesimo sarà sempre un alleato tenace e affidabile». Allo stesso modo, ha rilevato ancora, tutte le democrazie del mondo sanno che «nessuna società può reggersi senza un’alleanza forte tra i suoi membri, fatta di fiducia reciproca, di legami, di impegno per la giustizia e di responsabilità che si sviluppano quando si condividono i valori fondati sulle istanze della ragione».


La mostra "Il Cammino di Pietro". Il cardinale Bertone: nessuna società può reggersi senza un'alleanza forte fra i suoi membri

2013-02-06 Radio Vaticana

Print Mail Pdf

7H7B5540

Inaugurata ieri sera a Castel Sant’Angelo, alla presenza del segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, la mostra “Il Cammino di Pietro”, tra le iniziative in calendario per l’Anno della Fede. “Visitando questa mostra, la bellezza delle opere d’arte e il racconto dell’avventura dell’apostolo Pietro - dice il porporato - ci ricordino cosa un uomo può fare per Dio e cosa Dio sa fare di un uomo, e ci infondano il desiderio, di poter essere anche noi – pur con i nostri limiti – uomini di Dio”. “La fede cristiana - afferma - non è un freddo e arrogante possesso di verità da impugnare, è l’essere conquistati dalla rivelazione che Dio è l’amore su cui possiamo contare”, nonostante tutti i motivi di affanno “che potrebbero talvolta prenderci alla gola”. Il segretario di Stato vaticano ricorda quindi che “in ogni secolo e dentro ogni popolo” la fede “ha generato capolavori che hanno beneficato in diversi modi la comunità umana: dalle opere di carità sociale alle opere d’arte, dall’impulso al pensiero e alla ricerca, all’incoraggiamento dell’impegno per il bene comune”. “Perciò – prosegue - anche i non credenti sanno che nella quotidiana fatica per l’edificazione di una società sana, il cristianesimo sarà sempre un alleato tenace e affidabile”. Lo sanno anche le democrazie del mondo e, infatti, “nessuna società può reggersi senza un’alleanza forte tra i suoi membri, fatta di fiducia reciproca, di legami, di impegno per la giustizia e di responsabilità che si sviluppano quando si condividono i valori fondati sulle istanze della ragione”. Valori che la fede potrà potenziare, sostiene, “con la voglia di costruire e di ricostruire con coraggio, di lavorare con onestà e di provvedere al bisognoso, di amare, di generare figli e di sacrificarsi quando occorre; la forza di riconoscere a ogni essere umano una dignità inviolabile, che proprio la fede cristiana ha instillato nel cuore di tutti i popoli”.

L’esposizione propone, fino al 1° maggio, capolavori provenienti dalle più prestigiose sedi museali europee. Federico Chiapolino ha chiesto al curatore, don Alessio Geretti, su quali criteri si è basato per proporre un tema così impegnativo:

R. – Abbiamo pensato che nell’Anno della Fede la cosa migliore fosse raccontare cos’è la fede e non definirla in maniera astratta, attraverso l’avventura umana e spirituale dell’Apostolo Pietro. In questo si trovano anche i criteri di tutte le altre scelte che nella mostra sono state fatte. Il criterio narrativo: la mostra non è costruita sulla base dei confronti tra le scuole artistiche, ma sulla base dei momenti della vita di Pietro e, dunque, delle diverse sfaccettature che la fede ha e rivela nella sua esperienza. Il secondo criterio è quello dell’accompagnamento dei visitatori attraverso diversi linguaggi, in modo da farci entrare nella vicenda di Pietro e nel clima dei momenti diversi di quella vicenda. La parola scritta, le apparizioni teatrali previste lungo il cammino della mostra, la proiezione cinematografica a un certo punto del cammino, la musica nei passaggi fondamentali, l’illuminazione dinamica che ci invita non solo a guardare le opere ma a seguire una sorta di vera e propria rappresentazione drammaturgica: sono tutti criteri di costruzione del percorso che rispondono alla logica iniziale, cioè coinvolgere e avvolgere il visitatore in un grande racconto, per poi invitarlo a uscire e a guardare dalla loggetta di Castel Sant’Angelo la cupola della Basilica di San Pietro, pensando che lì è finito e in un certo senso è ricominciato il cammino di Pietro.

D. - Nel percorso espositivo, quali sono le opere più emblematiche, più significative, su cui è bene soffermarsi?

R. – Non è così facile scegliere, perché le opere in mostra sono già il frutto di una selezione accurata. Senz’altro, però, momento per momento, ne potremo indicare una. Credo che fra le opere presenti, la moneta del tributo trovata da Pietro nel pesce, dipinta da Mattia Preti, sia particolarmente potente. Penso che l’orazione nell’orto di Marcello Venusti, stretto parente artistico di Michelangelo, potrebbe essere l’opera su cui soffermarsi di più, non soltanto per ragioni stilistiche e storiche, ma anche perché è uno dei rarissimi casi in cui nel Getsemani viene rappresentato il momento in cui Gesù sveglia Pietro. Poi, il rinnegamento di Pietro di Georges de La Tour, una delle opere più importanti della mostra, uno dei notturni più belli della storia dell’arte, con accanto le “Lacrime di Pietro” inedite di Guercino, toccante, commovente. E poi l’alba più bella della storia dell’arte, quella di Eugène Burnand, la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro di Gesù vuoto al mattino della Risurrezione.

D. - Perché la scelta innovativa di proporre un’offerta che non è solo visiva ma sinestetica, multisensoriale, multimediale?

R. – Perché il cristianesimo è una forma di materialismo spirituale. Il cristianesimo non ha mai concepito l’incontro con Dio senza passare per la concretezza degli incontri fisici e per la dignità della materia. Per questo ha generato arti in tutte le forme possibili e ci pareva non secondario che nell’Anno della Fede, sulla fede, si chiamassero a raccolta diverse arti e non una soltanto.


Inaugurazione Mostra d'arte "Il Cammino di Pietro"